Inaugurazione a.a. del collegio 2009-10

In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico del Collegio Superiore, in rappresentanza dell’associazione Alumni è intervenuto Federico Pedrini, svolgendo il seguente discorso:

Buonasera,

vi parlo, oggi, su gentile invito del Direttore del Collegio Superiore, prof. Paolo Leonardi, e dell’amico Paolo Annibale, Presidente dell’Associazione Alumni del Collegio, nella duplice veste di ex collegiale e di attuale membro dell’Associazione.

L’idea sarebbe pertanto quella di raccontare qualcosa del mio percorso post-lauream da una parte, e di spendere qualche parola sull’Associazione Alumni dall’altra. Ebbene il mezzo più sensato per tale fine, vista la sede, mi è parso – istituendo così un “ponte” tra le due parti del mio intervento – proprio quello della continuità con alcune “linee guida” dell’esperienza collegiale, (linee guida) che del resto gli anni trascorsi mi aiutano ad apprezzare da un lato, e mi spingono (in parte) a “rivisitare” dall’altro.

Sui dettagli del mio itinerario di studi successivi alla Laurea in Giurisprudenza (e alla Licenza del Collegio) non credo sia interessante indugiare più di tanto: è stato infatti un iter accademico piuttosto “classico”. Immediatamente dopo la laurea, concluso un periodo di approfondimento di studi presso la Freie Universität di Berlino, ho iniziato a collaborare con la cattedra del Prof. Augusto Barbera e sotto la sua supervisione (insieme a quella del Prof. Aljs Vignudelli, dell’Università di Modena e Reggio Emilia) mi sono successivamente addottorato in Diritto Costituzionale presso l’Università di Bologna, conseguendo parallelamente (e assai più svogliatamente) l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato. Ad oggi risulto titolare, sempre presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Alma Mater, di un assegno di ricerca in Diritto Costituzionale.

Dicevo, continuità con l’esperienza collegiale. Ma continuità in che senso? Anzitutto, credo, nella stessa scelta della materia in cui proseguire gli studi, se consideriamo che fra le varie branche del diritto positivo, quello costituzionale è tradizionalmente considerato come il più “aperto” rispetto a (e più strutturalmente ed intrinsecamente comunicante con) una nutrita serie di ambiti disciplinari “limitrofi” come la politica, la storia, la sociologia, l’economia, ovviamente la filosofia, ma anche la logica e l’analisi del linguaggio, cui in tempi più recenti si sono aggiunti pure la statistica e addirittura alcuni aspetti delle c.d. scienze naturali.
Chi ha a che fare col diritto costituzionale, quindi, si rende quotidianamente conto – specie se ha avuto la fortuna di lavorare insieme a Maestri come i miei – di quanto siano utili e persino necessari i collegamenti con le altre discipline; e naturalmente la vocazione all’interdisciplinarietà e la curiosità per tutto ciò che esula dal proprio più diretto oggetto di studio non può che farmi ripensare agli anni di straorinaria vivacità trascorsi (anche) sotto questo profilo all’interno del Collegio.

Al tempo stesso – e veniamo così al profilo della “rivisitazione” –, proprio la mia esperienza all’interno della scienza del diritto costituzionale mi rende particolarmente avvertito dei pericoli per così dire “fatalmente” connessi a questa prospettiva: è sempre stupefacente come, anche nella scienza del diritto, si riesca a passare da un estremo all’altro: dallo “splendido isolamento” ad una sorta di “pan-ancillarità”, dove lo studioso – segnatamente in quanto privo di un centro di gravità specificamente proprio (e necessariamente specifico) – appare talora alla sconsolata ricerca di un collega che gli dica chi è (o chi dovrebbe essere).

E analoghi rischi (peccati?) “originali”, a mio avviso, lambiscono anche una istituzione (e un’esperienza) come quella del Collegio, dove il pericolo rimane pur sempre quello – nell’ottica interdisciplinare che in sé meritoriamente lo contraddistingue – di concentrarsi più su elementi contenutistici di dettaglio (magari quelli più accattivanti e attuali) delle varie discipline che non sulle strutture e sugli strumenti (magari più insipidi), che soli tuttavia possono prestarsi ad essere utilizzati – peraltro non “sempre e comunque” e mai senza adeguati “adattamenti” – anche al di fuori del proprio ambito scientifico di provenienza.

A costo di precisare l’ovvio, interdisciplinarietà non significa (non deve significare) confusione. “Apertura” non implica (e non dovrebbe risolversi in) un eccletismo generalista e disinvolto. Curiosità non vuol significare dispersione del proprio percorso in un pulviscolo di interessi generici e magari irrelati. Il pericolo per il viandante incauto – e vi assicuro che ce ne sono tanti anche nella mia materia – è sempre quello di annegare in un mare indistinto di suggestioni e di assonanze, svolgendo ragionamenti poggianti su parole (tenute insieme da meri espedienti dialettici) e non su concetti (uniti da argomentazioni logiche stringenti).

Proprio in questo senso ritengo, peraltro, che un contributo di rilievo possa provenire in prospettiva anche dall’Associazione Alumni, all’interno della quale “naturalmente” confluiscono (e sempre più potranno confluire) persone con un background fortemente interdisciplinare, ma anche con una più matura consapevolezza delle necessità insite nella suddivisione (e quindi nella specializzazione) della ricerca scientifica.

Inutile nascondere che, in questo momento, l’Associazione Alumni naviga ancora in una fase embrionale (in due battute: ci stiamo contando e cerchiamo di capire cosa effettivamente potremo fare da grandi) e che, non avendo autonoma struttura e risorse economiche proprie, essa rimane attualmente più una “comunità di volenterosi” che un’istituzione pleno titulo. Ma penso sarebbe sbagliato da questo sminuire il significato simbolico e culturale della medesima, che rimane a mio credere non solo in sé “alto”, ma anche profondamente sentito da tutti i membri, oltre che da sempre sostenuto dal Direttore.

Tornando in conclusione a ribadire l’ovvio, se il Collegio è istituzione recente, l’Associazione lo è ancor di più. Se quindi il Collegio è una scommessa e in certa misura un azzardo, tuttora bisognoso di attenzioni e di cure per attestarsi come progetto vincente e caratterizzante dell’Ateneo bolognese, questo non può che valere a fortiori per l’Associazione Alumni. Da cui anche l’auspicio finale – ancor più valido in momenti di celebrata difficoltà come quello che attraversiamo – di un sostegno reciproco forte e di una collaborazione ancora più stretta e costante fra queste due realtà, la cui “delicatezza” non può farci dimenticare (ed semmai ci esorta vieppiù a ricordare) l’importanza e il valore.

Federico Pedrini