Intervista con i canditati 2015 alla carica di rettore di UNIBO

Abbiamo chiesto, come nella precedente elezione del 2009, ai candidati alla carica di rettore di UNIBO, di esprimere il loro punto di vista e prospettive sulle attivita’ del Collegio Superiore.

Abbiamo ricevuto le risposte di Maurizio Sobrero, Francesco Ubertini e Gianluca Fiorentini e Dario Braga, che ringraziamo per la loro disponibilita` a partecipare a questa ‘intervista’.

Questo e’ il testo della lettera che abbiamo inviato ai candidati rettore:

Egregio Professore,

innanzitutto La vorremmo ringraziare, a nome dell’Associazione Alumni del Collegio Superiore, per essersi reso disponibile ad incontrare gli allievi del Collegio.

Riteniamo fondamentale l’interesse dei Candidati alla carica di Rettore per l’istituzione del Collegio e in particolare per gli studenti, che sono insieme i destinatari e i protagonisti delle vicende che riguardano il Collegio e l’Università nel suo complesso.
Confidiamo che, oltre a quello che già Lei conosceva, l’incontro con i Collegiali abbia contribuito a fornirLe un’idea attuale e precisa delle attività, delle iniziative e anche dei profili di possibile miglioramento che caratterizzano il Collegio Superiore.

A questo proposito, come Associazione Alumni, ci farebbe piacere conoscere, in poche righe, quali sarebbero i Suoi progetti sul Collegio Superiore qualora Lei venisse eletto Rettore di questa Università; in particolare, saremmo lieti di avere una Sua opinione riguardo la questione, ancora aperta per quanto di nostra conoscenza, della sede del Collegio, nonché riguardo la Sua idea circa i principi che dovrebbero caratterizzare l’offerta formativa del Collegio a favore dei suoi allievi.
A tale ultimo riguardo, saremmo interessati a capire se, sulla base della Sua esperienza, Lei crede che il Collegio, nella sua attuale configurazione di scuola interdisciplinare basata sul merito, si sia rivelata un’attività strategica per l’Ateneo e, in caso affermativo, secondo quali linee guida ritiene che andrebbe consolidata e sviluppata questa iniziativa.

Se Lei e’ d’accordo, saremmo lieti di poter pubblicare la Sua risposta sul sito dell’Associazione Alumni del Collegio Superiore (http://alumnicollegiosuperiore.org).
Nel 2009, un’iniziativa simile ha visto partecipare quattro dei sei candidati alla carica di rettore, e le loro risposte sono state pubblicate sul nostro sito (http://alumnicollegiosuperiore.org/category/iniziative/).

RingraziandoLa molto fin d’ora per l’attenzione e per il tempo che vorrà dedicarci,

Le porgiamo i nostri migliori saluti.

Sabrina Grivet Fetà (Presidente dell’Associazione Alumni del Collegio Superiore)

Paolo Annibale (ex-Presidente dell’associazione Alumni del Collegio Superiore)


 


Questa e’ la risposta del professor Maurizio Sobrero, che ringraziamo per il tempo che ha voluto dedicarci

Carissime, carissimi,

ho avuto il piacere di insegnare al Collegio per diversi anni la parte gestionale di un curriculum multi-disciplinare sui temi della proprietà intellettuale che mi ha dato due opportunità fondamentali. La prima, conoscere diverse generazioni di collegiali ed imparare ad apprezzarne il talento, la motivazione, la curiosità e la voglia di mettersi in gioco. La seconda, conoscere grazie al Collegio, colleghe e colleghi di altre aree con cui non è affatto facile riuscire a trovare momenti di incontro, nonostante la varietà di discipline che caratterizza il nostro Ateneo.

Parto da questa esperienza personale nell’affermare che il Collegio rappresenta una ricchezza che l’Ateneo non ha ancora saputo valorizzare pienamente per almeno tre ragioni che rappresentano le mie priorità per il mandato.

La prima riguarda la sede e mi è chiaro che sembra una delle solite promesse, visto che era prioritaria anche sei anni fa, almeno secondo quanto scritto dai vari candidati, incluso chi ha poi vinto. Ammesso che gli spazi della Staveco siano una possibile soluzione, i tempi sono troppo lunghi per continuare ad aspettare. Bologna è una città piena di palazzi vuoti e di persone generose. Se c’è la volontà di portare il Collegio e chi vi appartiene in centro credo che sia possibile percorrere diverse strade ed alcune le ho già ben presenti. Su questo mi aspetto tutto il supporto necessario anche dagli ex alunni. Credo, tuttavia, che oltre alla sede bolognese siamo pronti per lavorare anche per una presenza sulle altre nostre sedi. Anche qui ci sono stati dei tentativi troppo timidi in un recente passato che devono essere ripresi e finalizzati.

La seconda riguarda la necessità di fare leva sulle specificità del Collegio per far crescere l’Ateneo nel suo complesso. Questo significa utilizzare le esperienze maturate nella costruzione della didattica integrativa e dei percorsi multi-disciplinari e trasferirle all’interno dei corsi di studio nelle diverse aree. E significa anche favorire lo sviluppo di attività integrative distintive dell’essere uno studente dell’Alma Mater come ho scritto nel mio programma tra i progetti pluriennali.

La terza riguarda la giusta ambizione di far crescere come numeri e come risorse il Collegio, ponendosi l’obiettivo da qui a sei anni di raddoppiare le borse disponibili e ampliando significativamente la base di ragazze e ragazzi che fanno domanda per entrare in Collegio. Questo richiede di prestare una crescente attenzione al supporto offerto affinché si superi la fase pionieristica nella quale troppo spesso il Direttore e il suo staff non sono stati adeguatamente sostenuti.

Maurizio Sobrero


Questa e’ la risposta del professor Francesco Ubertini, che ringraziamo per il tempo che ha voluto dedicarci

Il Collegio Superiore è sicuramente un’esperienza estremamente positiva, nella quale credo molto fortemente. E credo si tratti di un’istituzione che l’Ateneo di Bologna non può permettersi di non supportare adeguatamente, per almeno due ordini di considerazioni, che vanno anche al di là delle mie personali convinzioni (e che, se volete, risulteranno più convincenti, perché frutto di un ragionamento di “convenienza” politica). Da una parte, sarebbe quanto meno inopportuno vanificare e non capitalizzare il successo e il riconoscimento unanimi fin qui conseguiti, ad un passo dall’accreditamento ministeriale. L’investimento già fatto (sufficiente o meno) sarebbe semplicemente “perso” se non si portasse a compimento il processo di maturazione di questa istituzione, relativamente giovane, ma ormai ampiamente uscita dalla fase di iniziale sviluppo.

Dall’altra parte l’Alma Mater, proprio perché grande università con tanti, tantissimi studenti, deve prevedere ed alimentare uno spazio di crescita e confronto per i più meritevoli, in virtù degli stessi principi di inclusione e diversità che ne definiscono la ricchezza, e la identificano come luogo nel quale sono presenti tutti i saperi, in ogni possibile forma e declinazione. In questo senso, la forte connotazione interdisciplinare che caratterizza l’attività didattica e culturale del Collegio deve sempre più rappresentarne la “cifra” caratteristica, anche nei confronti di altre istituzioni analoghe, nazionali ed internazionali.

Dopo essere riuscita a creare il Collegio Superiore, ed averlo portato (grazie al lavoro e alla passione di tanti e all’impegno degli studenti) al livello di eccellenza che gli viene unanimemente riconosciuto, la vera sfida per l’Università di Bologna è oggi quella di “integrarlo” al suo interno, e farlo riconoscere come parte di quella ricchezza culturale della quale andiamo tutti orgogliosi. Concretamente, questo obiettivo è raggiungibile, ne sono convinto, e passa anche per l’identificazione di una sede che favorisca questo processo. Non si tratta di un problema di facile soluzione, per ragioni legate alle necessità del Collegio da una parte, e al tessuto storico-architettonico della nostra Università, dall’altra. I nuovi progetti dovranno necessariamente tener conto di questa necessità, ma nel frattempo, valutando costi e tempi, ogni altra possibile alternativa dovrà essere esplorata. Ed è quello che mi impegno a fare, con piena consapevolezza delle difficoltà, ma altrettanto convinto di quanto sia urgente e irrinunciabile trovare una soluzione adeguata.

Ma così come sono convinto della necessità di trovare una sede che possa favorire il processo di identificazione e riconoscimento del Collegio all’interno dell’Ateneo, credo anche che altre operazioni debbano essere avviate, per permettere a questa struttura di raggiungere il livello di “maturità (e autonomia) istituzionale” che oggi, dopo tanti anni, non può non avere. Penso, per esempio, ad una maggiore e più completa integrazione dell’attività didattica all’Interno dei Dipartimenti, attraverso il riconoscimento del contributo dato al Collegio dai docenti, e l’accessibilità (almeno per alcuni corsi/seminari) a tutti gli studenti interessati. Penso anche ad un organico amministrativo adeguato alle sue necessità di funzionamento, che può essere trovato all’interno del bilancio dell’Ateneo, e che permetta al Collegio di concentrare le sue energie sulla qualità del progetto culturale. Per ottenere questo risultato, i miei referenti privilegiati saranno ovviamente, oltre al Collegio stesso, l’Istituto di Studi Superiori e l’Istituto per gli Studi Avanzati. L’attento ascolto e una continua interazione con questi organi mi permetteranno di trovare le soluzioni migliori per garantire agli studenti le condizioni adatte a costruire un fruttuoso percorso di crescita culturale, in un contesto stimolante e di continuo confronto, e all’Università di potersi pienamente avvalere del contributo dato dal Collegio, da considerarsi sì apice, punta di eccellenza, ma perfettamente parte di un corpo unico e integrato.

Francesco Ubertini


Questa e’ la risposta del professor Gianluca Fiorentini, che ringraziamo per il tempo che ha voluto dedicarci.

Care Collegiali e cari Collegiali di ieri e di oggi,

lo scorso 20 aprile ho partecipato con grande piacere all’incontro presso l’attuale sede del Collegio: mi attendevo una discussione ricca e stimolante e così è stato. Ne sono grato a tutti i partecipanti, oltre che al Direttore e ai colleghi intervenuti. Mi permetto di sintetizzare qui, su richiesta degli Alumni, i temi che abbiamo toccato; e approfitto dell’occasione per aggiungerne qualche altro che trovo di rilievo particolare.

Il principio da cui partire: il Collegio Superiore è parte integrante dell’Alma Mater Studiorum, e lo Statuto ne sancisce presenza, funzione e rilevanza. Da questo principio derivano sia le ragioni che inducono a tutelare e a far crescere il Collegio, sia i suggerimenti per rapide azioni di rinnovamento di cui il Collegio ha senza dubbio bisogno.

Che il Collegio sia parte integrante della nostra comunità universitaria significa, a mio avviso, innanzitutto questo: il Collegio non può essere percepito come realtà a sé, e niente deve contribuire ad alimentare tale percezione. Da essa viene gran parte delle difficoltà con cui si sono scontrati, in questi anni, sia i Collegiali, sia il Direttore e i tutori del Collegio. C’è chi teme che una maggiore integrazione del Collegio rischi di diluirne eccessivamente le specificità formative o l’autonomia; ritengo sia un pregiudizio che occorre superare: una maggiore integrazione sotto il profilo gestionale, un più forte sostegno amministrativo in termini di unità di personale dedicato, una più costante e fiduciosa collaborazione con i Dipartimenti e i Corsi di Studio non possono che giovare a un maggiore riconoscimento del Collegio – fuori e dentro l’Alma Mater – e a un incremento delle sue potenzialità formative.

Sotto questo punto di vista ritengo lodevoli le azioni intraprese in questi ultimi anni: azioni di carattere istituzionale relative alle modalità della prova di selezione, alla revisione del sito web, alla riforma della didattica che so ormai all’ordine del giorno; e azioni di carattere culturale – spesso su impulso degli stessi Collegiali e degli Alumni – come i seminari e i pubblici incontri progettati a beneficio dell’Ateneo nel suo insieme, per mostrare con chiarezza che il Collegio e i suoi membri sono e vogliono essere una forza propulsiva per tutta l’Alma Mater. Queste sono linee sulle quali è bene proseguire con sempre maggiore impegno e sempre più sostegno organizzativo da parte dell’Ateneo. E il contributo che verrà dagli stessi Collegiali – in termini di progettualità e di partecipazione – sarà fondamentale.

I problemi urgenti sui quali il nuovo Rettore dovrà intervenire, e che sono emersi chiaramente durante la nostra discussione, sono questi. Sarò grato a chi vorrà integrarli e fornirmi ulteriori elementi di riflessione.

  • La sede. So bene quanto una sede decentrata rappresenti (anche nella prospettiva dell’ISA e del suo importante ruolo strategico) una seria e sentita difficoltà. Il problema è concreto e insieme simbolico: l’attuale collocazione periferica della Residenza sembra dar corpo alla separatezza strutturale del Collegio. Su questo punto, però, dobbiamo evitare facilonerie e slogan: una sede che risponda davvero alle esigenze dei Collegiali ­implica una dotazione significativa di stanze doppie e di stanze preferibilmente singole almeno per le Lauree magistrali o il triennio inoltrato (dunque non meno di 20-30 singole da 30 mq. e, per le restanti, doppie da 40 mq, ovvero qualcosa di simile all’attuale offerta del Residence Terzo Millennio); implica spazi per lo studio comune e per la biblioteca, che attende ancora di essere organizzata; spazi per la socialità (ad esempio, per le attività musicali singole e in gruppo); aule con dotazioni adeguate (non meno di due, e auspicabilmente tre per le attività in contemporanea); il tutto, con doverosa attenzione alla disabilità. Esigenze così articolate – e più che legittime – non si soddisfano bussando ai portoni dei palazzi storici; si soddisfano solo con un’azione decisa e progettuale. Il nuovo Rettore dovrà: 1) esplorare tutte le possibili soluzioni esistenti, con un nuovo censimento capillare delle sedi potenziali, ma senza dimenticare che un’eventuale collocazione centrale non si può barattare con il decadimento dei servizi offerti: ciò farebbe il danno dei Collegiali e degli ospiti ISA; 2) vagliare con attenzione la tempistica e la realizzabilità del progetto Staveco, per capire entro quanto e in che concreti termini questa può divenire davvero la soluzione stabile per il Collegio; 3) coinvolgere in maniera ampia e trasparente tutti i soggetti pubblici e privati che possono concorrere – in attesa di una soluzione stabile – alla più soddisfacente sistemazione di breve o medio periodo. Il tutto, sempre, ascoltando i Collegiali e mantenendo il massimo equilibrio fra le loro giuste richieste e la funzione sociale complessiva dell’Alma Mater. Certamente è un equilibrio difficile, che non va dimenticato mai, proprio per il bene del Collegio: e la maturità di chi studia e vive al Collegio può contribuire a mantenerlo, in un dialogo costante, consapevole e costruttivo.
  • La formazione dei Collegiali. La riflessione su questo tema è avviata: ed è più che mai necessaria. La didattica al Collegio deve essere sì originale e peculiare, ma questo non può andare a discapito né della sua regolarità né della sua efficacia. Il Collegio deve avere un modello didattico durevole nel tempo, trasparente nella programmazione, ma insieme flessibile, condiviso con i Collegiali e capace di soddisfarne la curiosità e di integrare autenticamente l’offerta formativa dei Corsi di Studio. Centrale, nella tradizione del Collegio, è l’interdisciplinarità. Ma per coltivare questa caratteristica così preziosa occorre tener conto dei prerequisiti degli studenti e dei loro interessi concreti, onde evitare corsi troppo elementari per chi sa già o del tutto inaccessibili (e comunque non interessanti) per chi non sa. Serve un’interdisciplinarità sana e feconda: abbiamo molti modelli di dialogo interdisciplinare riuscito nella ricerca dell’Ateneo, ed è a questi modelli (spesso di frontiera) che dovrebbe ispirarsi anche la didattica del Collegio, se vogliamo che essa sia un’acquisizione utile per il futuro dei Collegiali e non un mero obbligo da soddisfare. Una didattica che, peraltro, dovrebbe essere graduata e differenziata negli anni o almeno nei cicli, ripensata nel rapporto fra curricula e seminari, facile da adattare alla variabile composizione del Collegio, e periodicamente valutata dagli studenti. Come forma di didattica equivalente, l’attività svolta presso il Collegio deve essere inoltre riconosciuta dai Corsi di Studio e dai Dipartimenti, per far sì che i docenti siano sempre più autenticamente coinvolti e motivati. I modelli migliori andranno elaborati dentro il Collegio, a partire dall’autonomia del Collegio e dalla capacità progettuale dei suoi studenti e dei suoi tutori: ma gli obiettivi e le necessità qui elencati andranno, a mio avviso, tenuti ben presenti.
  • Personale amministrativo e supporto logistico. Questo è uno dei punti di maggiore sofferenza: la dotazione del personale dovrà aumentare, l’integrazione con le aree dell’Ateneo – penso in particolare all’orientamento in entrata e all’internazionalizzazione – andrà resa sistematica, per evitare che il Collegio debba fare da solo e fronteggiare continue emergenze. Un maggior sostegno da parte dell’Ateneo e una maggiore integrazione consentiranno di intervenire efficacemente almeno sui seguenti punti, che ritengo prioritari: 1) visibilità nazionale e internazionale del Collegio; 2) migliore gestione delle convenzioni esistenti e future con analoghe istituzioni italiane ed estere, oltre che con la rete delle Scuole d’eccellenza per iniziative congiunte; 3) fund raising mirato: obiettivo che può essere raggiunto con personale dedicato e con garanzia di massima visibilità per i sostenitori coinvolti; 4) efficace azione promozionale nelle scuole secondarie superiori, ben al di là della Regione; 5) visibilità delle iniziative pubbliche del Collegio, il cui alto profilo spesso non viene adeguatamente valorizzato mediante i canali comunicativi dell’Ateneo.
  • I tutori del Collegio. Il ruolo dei tutori è cruciale: e importantissimo, dunque, è la selezione di chi intende assumersi un ruolo così delicato, che richiede un rapporto costante e personale fra docente e studente. Il tutor non è un mero passacarte cui spetta firmare una lettera di referenza per uno scambio all’estero o per un dottorato. Il rapporto col tutor deve essere un rapporto culturale privilegiato e continuativo, pena il vanificarsi del valore aggiunto del tutorato. Ai Collegiali devono essere garantiti docenti di comprovato valore sotto il profilo scientifico e didattico, ma ciò non basta: servono docenti che siano davvero motivati ad assumersi un ruolo che richiede, per essere svolto all’altezza delle aspettative, un grande impegno e molta attenzione alle singole persone. Ci servono inoltre, per questo obiettivo, adeguati meccanismi di incentivazione e un coinvolgimento più forte dei Dipartimenti. Il Collegio deve sapersi costantemente rinnovare dal proprio interno, con autonomia, con responsabilità e con trasparenza. Il Collegio deve essere il luogo dove, periodicamente, i più motivati docenti dell’Alma Mater portano le loro competenze e il loro impegno. Anche questo gioverà a incrementarne sia la visibilità, sia il senso d’appartenenza all’Alma Mater.

Questi sono alcuni dei temi che ho affrontato e che vorrei continuare ad affrontare, in dialogo con i Collegiali e con gli ex-Collegiali. Altri, urgenti, non mancano: uno su tutti, l’atteso e sempre rinviato accreditamento ministeriale; una procedura arrestatasi, per ora, sul fronte MIUR e non sul fronte Alma Mater; e qui l’autorevolezza del nostro Ateneo presso il Ministero e la capacità di far rete con i migliori Collegi italiani saranno fondamentali. Il mio impegno è garantito.

La straordinaria riserva di talenti rappresentata dal Collegio non attende altro che di essere valorizzata di più e meglio, conseguendo una piena integrazione con il resto della comunità universitaria e un pieno riconoscimento all’interno e all’esterno dell’Alma Mater.

Gianluca Fiorentini


Questa e’ la risposta del professor Dario Braga, che ringraziamo per il tempo che ha voluto dedicarci.

Carissimi

La Direzione del Collegio Superiore dal 2000 al 2006 resta per me il periodo più bello della mia vita accademica extra-scientifica, al di là cioè della mia vita di ricercatore e scienziato. Meglio della Direzione dell’ISA e meglio di questi anni come Prorettore alla Ricerca. E sapete perché? Perché è stato un momento di grande sperimentazione. Il compianto Rettore Calzolari mi assegnò il compito di dirigere il collegio, succedendo al collega Andrea Battistini, in un momento molto delicato della vita della giovane istituzione: lo spostamento della sede dal Collegio Alma Mater di via del Sacco al Residence Galaxy. Non era un situazione facile, perché la destinazione non era certamente ottimale ma la scelta era stata fatta e a me – neodirettore – non restava che cercare di fare “the best of a bad job”. E facemmo tutti molto di più. In poco tempo, grazie agli studenti e ai docenti di quegli anni riuscimmo a dare una veste adeguata. Da “Galaxy” a “Residenza di Studi Superiori”, alla ridefinizione degli spazi interni, alle regole di convivenza con altri ospiti, alla creazione della struttura di servizi, common room, biblioteca, sala svago, pianoforte, pingpong. Era un po’ tutto da re-inventare. Una sfida fantastica.

“Inventammo” la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico del Collegio Superiore . Il primo anno si svolse nell’aula magna del mio dipartimento perché non mi sentivo abbastanza sicuro per portarla in Santa Lucia dove sarebbe andata negli anni successivi e lì si sarebbe ripetuta. Ricordo lezioni magistrali di Vincenzo Balzani, Carlo Flamigni, Umberto Eco, Gianfranco Pasquino, Augusto Barbera. Inventammo anche la cerimonia di consegna delle licenze del Collegio, da sempre in sala VIII centenario. Tutto questo perché ero convinto e ancora lo sono che i momenti cerimoniali sono momenti di grande visibilità e servono anche a scopi molto utilitaristici come il riconoscimento delle sponsorizzazioni, vitali per il Collegio, e come momenti di unità davanti al resto dell’Ateneo. In questo rientrano anche il “welcome party” per i nuovi studenti e gli auguri di Natale, ma anche l’intestare pezzi del Collegio ai donatori.
Ma la cosa certamente più rilevante è sempre stata la formazione interdisciplinare. Un modello che è assolutamente vincente e che – ne sono tuttora convinto – è l’unica risposta possibile a una impellente necessità dei nostri giorni: essere in grado di cogliere e seguire trasformazioni rapidissime in un mondo che cambia in maniera esponenziale.
Una necessità che è quasi un ossimoro perché il mondo ci chiede oggi formazione specialistica di altissima qualità e – al tempo stesso – capacità di cogliere l’inatteso, capacità di sviluppo di pensiero laterale, capacità di muoversi anche in territori culturalmente lontani da quello della formazione prevalente. Questo il Collegio lo dava e lo dà: l’esposizione costante a stimoli laterali, la formazione integrativa consentono di mantenere aperti i terminali riceventi, anche di mantenere ampio il lessico perché spesso la difficoltà di cogliere stimoli che provengono da altre aree è proprio legata al linguaggio perché ogni area ne sviluppa uno proprio.

Insomma questo è stato il Collegio per me e questo penso che dovrebbe essere: il luogo della sperimentazione permanente. Quel laboratorio dell’alma mater università di Bologna dove si sperimentano nuovo modi di interazione tra gli studenti, tra studenti e docenti, tra docenti e docenti, tra studenti e docenti e personale ammnistrativo e tra tutti questi e l’intera università, e nuovi modi di interazione tra l’università e il resto del mondo, i finanziatori, gli ambiti professionali. Un laboratorio che riversa sull’università tutta i risultati della sperimentazione e induce cambiamenti nei modelli formativi anche nelle zone più tradizionali.

Questo è – mi spiace dirlo – esattamente quello che il Collegio non è riuscito a fare. Non certo per colpa dei docenti del Collegio né di chi lo ha diretto e lo dirige. La verità vera è che il Collegio è stato fin qui “tollerato”: un oggetto non compreso, forse nemmeno accettato, fino in fondo, percepito come “spesa ineludibile” perché la chiusura del Collegio avrebbe avuto un costo politico non sostenibile. Il risultato netto è quello che è sotto gli occhi di tutti: una (remota) “prigione dorata”, con il Collegio relegato fisicamente e politicamente ai margini della attività dell’ateneo di Bologna.

Capirete, cari studenti, quanto per me, proprio per la passione che aveva guidato la mia azione riformatrice e di lancio dell’istituzione Collegio Superiore, sia stato difficile assistere al progressivo arretramento del Collegio. Stessa logica si applica all’Istituto di Studi Avanzati, ovviamente. Non sono stato in grado di oppormi: il Collegio era fuori dalla mia delega di prorettore e i tentativi di entrare in partita sono stati respinti malamente (ricordo anche che mi interessai per soluzioni alternative per la sede discutendo con ERGO per una ipotesi Collegio Irnerio e Piazza Puntoni ma non ebbero seguito) e poi – in quegli stessi anni – è apparso chiaro che dovevo utilizzare le mie forze per difendere un’area molto più cruciale per l’ateneo tutto: quella della ricerca scientifica che rischiava di essere indebolita e impoverita di risorse umane e materiali seguendo la stessa logica che stava indebolendo il Collegio: bassa priorità avvertita.

E’ tutto così negativo? No, no

C’è un fatto di enorme rilevanza che va riconosciuto. L’istituto di Studi Superiori (ISS) è nello Statuto di Ateneo. Questo fatto per sé vale tutto perché ha “blindato” l’aspetto istituzionale del Collegio Superiore creando tutte le premesse per il rilancio.
Incidentalmente l’ISS una innovazione che introdussi una volta alla guida dell’ISA, d’accordo il Rettore Calzolari, per sperimentare un modo per semplificare la gestione di tre strutture – la residenza di studi superiori, il collegio superiore e l’istituto di studi avanzati – facendole confluire senza modificare gli spazi di autonomia operativa delle componenti in una unica struttura gestionale e contabile – l’istituto di studi superiori, appunto. Un modello che avremmo potuto seguire per tanti “accorpamenti” dipartimentali che stanno dando segnali di sofferenza.

Se sarò il prossimo Rettore, rilancerò l’ISS in tutti i suoi aspetti, a partire dal problema della sede che rientra in un più vasto problema di ricettività nazionale e internazionale del nostro Ateneo. Rivedrò insieme ai docenti e agli studenti il piano formativo per rafforzare il concetto di formazione all’inatteso, al pensiero laterale e alla serendipity. Il carico didattico svolto presso il Collegio entrerà a pieno titolo nella attività didattica dei docenti, Valuteremo la possibilità di inserire il terzo ciclo, creando un dottorato multidisciplinare e internazionale finanziato con un Erasmus Mundus ad hoc. Rafforzeremo la ricaduta sugli altri corsi di studio con una serie di attività congiunte in modo che attività formative sviluppate nel Collegio possano essere “riversate” sugli altri studenti nell’ambito dei crediti a scelta. Il Collegio avrà “gemmazioni” in tutte le sedi dei Campus, e così sarà per l’ISA. Il Multicampus diventerà un laboratorio diffuso di innovazione culturale.

Utilizzeremo il Collegio come “testimonial” nelle occasioni di fund raising per spingere i finanziatori a sostenere le attività formative e di ricerca dell’Università di Bologna. Otterremo, perché sarà il rettore di UniBo a chiederlo, l’accreditamento ministeriale. Lancerò una campagna di “rientro dei collegiali” usando la quota del 20% dei punti organico a disposizione delle strutture dipartimentali.

Se sarò Rettore, il Collegio, e tutto l’ISS smetterà di essere un costo e diventerà un investimento che renderà 10:1 in sviluppo culturale, in capacità di attrazione sia di finanziamenti, sia di studenti, ricercatori, e docenti internazionali. E i Collegiali ? Come i tre principi di Serendip che nel loro vagare “were always making discoveries, by accidents and sagacity, of things they were not in quest of “. Di questo abbiamo bisogno oggi nel mondo che cambia a ritmo esponenziale. Se questa sfida non la coglie l’Università di Bologna, chi altri dovrebbe?

Dario Braga